Il pensiero filosofico di Fichte (1762 – 1814) è forse quello che meglio spiega la genesi dell’io individuale.
Prima di fare delle brevi riflessioni, enunciamo subito le tre proposizioni fondamentali della sua Metafisica:
1) L’Io pone se stesso.
2) Nel momento in cui l’Io si è posto, si forma l’idea di Non-Io, cioè che esista qualcosa di diverso dall’Io.
3) A questo punto l’Io, ora limitato dal Non-Io, si frammenta nella molteplicità degli esseri senzienti.
La prima proposizione è praticamente l’affermazione che L’unica vera Prima Realtà è l’Io. Io assoluto, unico ed universale. Nulla esiste al di fuori dell’Io e tutto ciò che avviene, è all’interno di esso.
Si deve considerare che i passi successivi del processo, non avvengono nel tempo, ma sono un processo istantaneo.
Il tempo, come lo spazio, è una delle categorie con cui i singoli individui senzienti ordinano la loro rappresentazione mentale e non esiste nell’Assoluto.
Dunque l’Io assoluto “pone se stesso”. Ciò, di per se, già implica un turbamento dell’Assoluto, un “errore”, una “caduta”, che causerà la genesi dei singoli soggetti.
Nella seconda proposizione si afferma che, nel momento in cui l’Io si pone, sorge immediatamente l’idea che esista qualcosa al di fuori dell’Io, appunto denominata “Non-Io”.
A questo punto, a causa di questa contrapposizione, l’Io non è più l’Io assoluto, ma è limitato, appunto, dal Non-Io.
E’ ciò che afferma la terza proposizione: l’Io, ora limitato dal Non-Io, si frammenta nella molteplicità degli esseri senzienti.
Questa miriade di esseri autocoscienti vive prigioniera di questa falsa rappresentazione: tutti questi esseri (uomini ed animali) distinguono, nella loro rappresentazione mentale, un soggetto percipiente ed un mondo percepito, senza essere consapevoli che questi sono solo due poli illusori della stessa realtà mentale.
Essi hanno tutti la stessa rapresentazione: Se in uno specchio c’è una immagine, quando si rompe lo specchio tutti i frammenti hanno la stessa immagine.
Questo processo discendente, così ben espresso da Fichte, è l’esatto opposto del processo ascendente esposto nelle filosofie induiste e buddiste. Queste ultime partono dalla condizione dell’io empirico ed indicano la via per percorrere a ritroso il processo, prendendo coscienza dell’io assoluto.
Tutti i singoli esseri autocoscienti sono prigionieri della distinzione tra il soggetto percipiente e l’oggetto percepito, cioè si identificano solo con un “lato” della rappresentazione, senza avere la coscienza che l’Essere reale non è l’io empirico individuale, ma il Testimone dell’intera Rappresentazione della quale l’io è solo una delle parti.
In pratica la triste situazione del singolo io empirico è dovuta ad un turbamento dell’Assoluto che si è posto come Io, creando così, non volutamente il Non-Io e frammentandosi nei singoli io.
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